"Il mio fiore è effimero,'' si disse il piccolo principe, "e non ha che quattro spine per difendersi dal mondo! E io l’ho lasciato solo!” E per la prima volta si sentì pungere dal rammarico. Ma si fece coraggio:"Che cosa mi consigliate di andare a visitare?”, "Il pianeta terra,” gli rispose il geografo. “Ha una buona reputazione...”. E il piccolo principe se ne andò pensando al suo fiore. |
Antoine de Saint-Exupéry |
Magmatici fremiti di Pino Schifano, Agosto 2009 A suo modo, Gilda Gubiotti può ormai far parte di quei nuovi abitatori del cielo che, da decenni, girano intorno al pianeta Terra. Senz'ali piumate o tute astronautiche. La navicella della sua anima è libera da condizionamenti strumentali e, mossa com'è dallo slancio vitale dell'artista e dalla sua euforia creativa, percorre - in lungo, in largo, e intorno - tutta la superficie terrestre da oltre quattro anni. Da quando, cioè, lasciati i lussureggianti paesaggi e giardini della sua Sicilia e affidate - via mare, sui transatlantici Costa - queste "memorie" al godimento perpetuo di migliaia di fruitori alla ricerca di luoghi del sogno, Gilda Gubiotti ha preso il volo e, sempre più in alto, ha fatto dei propri fremiti di donna appassionata ed artista iperattiva mobilissimo osservatorio in costante - ed emozionante - indagine e riscoperta del mondo in cui viviamo. La nuova, rivelatrice visione di questo nostro pianeta ha via via prodotto una tra le più interessanti operazioni artistiche e culturali intestabili ad una pittrice: un originale ed affascinante mix tra arte contemporanea ed osservazioni eco-socio-geografiche. La componente dolorosamente emotiva che Gilda Gubiotti non riesce a raffrenare al cospetto di una Terra incantevole ma devastata dall'uomo (già nella visione prospettica orizzontale e vieppiù evidente in quella verticale offerta dalla visione satellitare), scatena l'energia delle sue mani, che impastano il colore e lo riversano sulla tela nella ricostruzione di paesaggi, di catene montuose, bacini imbriferi e orografici, barriere coralline, mari, oceani e deserti e, soprattutto, di quelle vaste zone vulcaniche dove il pianeta ribolle in tutta la sua potente forza endogena e dinamica. "Geodinamica" è infatti la fase pittorica che identifica quest'ultima produzione dell'artista palermitana. Quasi a voler ricavare, dalle varie accezioni del termine e dal dinamismo vitale della natura, stimoli ed accenti speculari alla propria dinamica pittorica. Caratterizzata, questa, dall'energico, manuale espandersi del colore nell'urgenza della libertà espressiva ma contenuta nella forma ispiratrice riplasmata in forma autonoma. Una forma e carica cromatica che, dal primario impianto figurativo, e non abbandonando accenti fauves e segno espressionista, giunge ora a taluni esiti che si rivelano come una sorta di omaggio ai maestri dell'Espressionismo astratto di matrice americana: da Arthur Dove a Sam Francis o a Clifford Still, ad esempio, rispetto al quale, però, Gilda non ha la pretesa di voler "cambiare la vita dell'uomo", bensì quella di fare almeno riflettere, tagliando "sonniferi culturali". Mentre, in visione complessiva, più aderente appare il riferimento all'arte europea del secondo Dopoguerra. Gilda ricrea, cioè, attraverso una "dinamica", appunto, ampiamente gestuale e coloristicamente accesa, una realtà interiorizzata e concettuale, mediante quel linguaggio astratto che "non snatura" (così caro agli Astratto-concreti) anteponendo la propria emozione alla sensazione e pervenendo ad una esuberante astrazione lirico - romantica. Ma aggiungendo, altresì, connotazioni di forma - colore secondo la propria, furente, pulsiva "grafia eruttiva". La lava incandescente - esplosione di luce e di forza incontenibile - del suo dipinto Energia, è segno ineccepibile di tale spinta creativa e di tale linea stilistica. Quasi una trasposizione concettuale del principio aristotelico dell'atto - energia, dove la "materia", da naturale modello, qui si trasforma in artistico "atto" creativo. Così come emerge, dalle opere di Gilda, tutta la forza ed il vigore plastico della superficie terrestre osservata e riprodotta, obbedendo, inconsapevolmente o meno, ai dettami scientifici dell'"energia del rilievo". Una visione etico-filosofica del mondo, fors'anche, che esalta il rapporto tra arte figurativa e spiritualità, espressione, questa, di una "energia cosmica" (a voler parafrasare Wilhelm Ostwald). La geodinamica pittorica di Gilda si dipana, dunque, e si svela: "movimenti" gestuali liberi ma determinati, colori che si sfrangiano ma non scontornano, emozioni come diretto riverbero della realtà. In tutta la sua "verità". Una verità drammaticamente percepibile in ogni attimo della nostra vita e che scienza e politica si sforzano di mitigare. Una realtà sulla quale l'arte contemporanea s'è a lungo interrogata (rapporto tra la natura e l'uomo e sul pianeta a rischio) e le cui risultanze estetiche e riflessive sono ormai storicizate (Land Art, Earthworks, Ecological Art, fino agli attuali indirizzi di ecoarchitettura ed ecodesign...). Come, per altro, può dirsi sulle indagini condotte dalla fotografia aerea, in un connubio tra arte e geografia che fa il paio con la ricerca in contraltare di Gilda Gubiotti. In lei prevale, infatti, l'orgoglio di ri-creare la Natura in senso artistico. Di fronte ad una natura che si fa arte attraverso la tecnica (foto satellitari e rielaborazioni elettroniche), Gilda oppone l'arte che interpreta la natura in modo tradizionale dal punto di vista del metodo, in modo "artistico" per quanto concerne il risultato stilistico e l'effetto empatico. Percorsi paralleli ed autonomi ma che pervengono ad una identica, amara visione del mondo che ci circonda. Perché, dall'alto, non solo colori inebrianti e magici ma gli stessi "confini culturali" della terra. Non solo bella, ma anche "malata". Con, perfettamente riconoscibili, anche le zone esposte a disastri ecologici. Il dolore profondo di Gilda Gubiotti al cospetto della natura violentata, ed il suo messaggio pittorico che esorta al rispetto ed all'amore per la nostra Terra trovano eco nelle parole accorate di uno dei grandi maestri italiani della fotografia, Mario Giacomelli, che sembrano tradurre l'intero progetto pittorico di Gilda: "La terra mi apparve all'improvviso come un corpo, le sue strade ed i suoi fiumi vene. Corpo dì carne con vene e nervature. E mi accorsi che quel corpo era buono. La terra è buona, l'uomo l'ha rovinata. La terra è innocente". Andiamo ben al di là, dunque, delle mere Suggestive immagini del nostro pianeta - com'è titolata una delle opere di Gilda - o dell'estatico smarrimento di fronte alle reminiscenze liriche di un Tramonto sul lago. Gilda è lì a ricordarci, con l'ardore di un Red flash, il suo monito: "Guarda che Terra"! La forza dei suoi colori e la sua fede nella bellezza innocente della natura, ma altresì nella non del tutto smarrita bontà dell'uomo - sostanze estetiche e cifra del suo stile pittorico - convincono molto, ma molto di più di troppi, ripetitivi ed ahimè sterili discorsi sull'avvenire ecologico del pianeta. |