Fu lo spettacolo più bello che avessi mai visto fino ad allora sebbene ero rimasto un po’ deluso per la mancanza del trapezio (qualche tempo prima avevo visto il film con la Lollobrigida, Burt Lancaster e Tony Curtis). Per la prima volta vidi animali che avevo solo visto nel libro di scuola o in qualche fumetto: un dromedario, uno scimpanzé che ovviamente si chiamava Cita (o Chitah ?) e un lungo serpente col quale si esibiva un’avvenente danzatrice. I pagliacci mi fecero ridere a crepapelle. Un prestigiatore che era anche il presentatore, il direttore e il proprietario del circo ci intrattenne a lungo con i suoi miracoli di magia. A sentire il presentatore ognuno di questi artisti proveniva da una diversa parte del mondo, dalla Russia, dall’Ungheria, dalla Spagna, tutti Paesi questi che conoscevo attraverso i libri di scuola ma che solo ora che ne vedevo alcuni degli abitanti erano diventati reali. I miei cugini tuttavia rimanevano impassibili, fino a quando non vennero fuori quattro acrobati spericolatissimi, tre uomini e una donna. Lei era una ragazzina di non più di diciott’anni. Me ne innamorai non appena la vidi. Stavo in apprensione per lei ogni qualvolta si esibiva in qualche numero spericolato, anche se stando all’enfasi che metteva il presentatore nell’annunciarli tutti i numeri erano pericolosissimi, anche quello di due cagnolini che sotto la sapiente guida di un vecchio con una lunga barba bianca a tratti riuscivano a camminare sulle zampe posteriori. Avevo il cuore in gola per l’ansia quando lei in piedi sulla punta di un asse che poggiava su un fulcro centrale veniva catapultata in aria dopo che un suo collega si era lanciato dalle spalle di un terzo sull’altra punta della stessa e lei dopo un doppio salto mortale all’indietro cadeva in piedi sulle spalle del quarto acrobata.
Purtroppo il numero degli acrobati si esaurì subito con mio sommo disappunto.
Ed ecco ora a voi la più grande contorsionista che si sia mai esibita in un circo, diceva il presentatore, dall’Ungheria ... Pupetta ! Allora, per me e per tutti gli altri coltissimi spettatori era plausibile che una Ungherese si chiamasse Pupetta. Mi rallegrai quando scoprii che l’improbabile ungherese Pupetta non era altri che la stessa ragazza che si era esibita poco prima nel doppio salto mortale. Il numero che esegui fu stupefacente. Sembrava che tutti i suoi arti fossero snodabili, ognuno di essi indipendente dal resto del corpo. Riusciva a piegarsi indietro fino a far spuntare la testa attraverso le gambe divaricate. Sembra la Trinacria esclamai. I miei cugini furono d’accordo che erano di sentimenti separatisti. Nella loro stanza a casa di nonna tenevano appesa al muro la bandiera della Sicilia indipendente.

I

II

III

Il Circo Colber - 2
di Giuseppe Perricone